“Le resistenze al riformismo non solo dalla CGIL,
ma anche dal ceto legale che beneficia del conflitto di
lavoro”
di Luigi Degan e Giuseppe Sabella
27 ottobre 2010
Parla Michele Tiraboschi, docente di Diritto del Lavoro e
Consulente del Titolare del Welfare, Maurizio Sacconi. Allievo del Prof. Marco
Biagi, ne ha condiviso sin dal principio l’impianto di Modernizzazione e
Riforma del Lavoro. Dal 2002, anno in cui il Prof. Biagi fu assassinato dalle
BR, lo sta portando avanti a fianco del Ministro Sacconi
Buongiorno Professor Tiraboschi, il
provvedimento legislativo ha avuto un iter molto lungo e travagliato. Le
ragioni sono tecnico-giuridiche o di altra natura?
E’ da un
decennio almeno che si parla di riforma della giustizia del lavoro e anche
nella passata legislatura sono stati discussi in Parlamento disegni di legge
che poi non hanno avuto un esito positivo data la complessità e delicatezza
della materia. Il testo approvato è del resto quello presentato dal Ministro
Sacconi già nel 2007. Due anni di dibattito parlamentare hanno semmai
sovraccaricato il testo di legge che è più che raddoppiato come precetti
estendendosi ora ben oltre il tema, pure centrale, della giustizia in ambito
lavoristico.
Quali sono
le forze che resistono maggiormente a questo corso riformista?
Sarebbe scontato dire la Cgil e il sindacato conflittuale. In
realtà sono vari i soggetti che beneficiano di questo numero esorbitante di
conflitti di lavoro, oltre un 1.200.000 cause pendenti! Non da ultimo il ceto
legale, avvocati e anche docenti universitari che fanno della complessità della
materia del lavoro e del formalismo giuridico una fonte di business.
Ritiene che
– nonostante questa resistenza – le norme contenute potranno trovare una
concreta applicazione o c’è il rischio che alcune disposizioni non divengano
effettive? In questo caso come si potrebbe porvi rimedio?
Il passaggio dal progetto alla legge e dalla legge alla sua
attuazione è sempre frutto di una sorta di alchimia. Difficile prevedere i
tempi di effettiva attuazione. Basti dire che la precedente grande riforma del
lavoro è applicata solo a metà e molte norme – da ultimo la borsa nazionale del
lavoro e l'apprendistato per il diritto dovere di istruzione e formazione – sono
state attuate nei giorni scorsi! Certamente la parte più delicata riguarda
l'arbitrato ma la materia è stata già oggetto di un avviso comune tra tutte le
parti sociali, eccetto la Cgil, per cui i tempi di attuazione non dovrebbero
essere lunghi.
Il provvedimento
appena approvato può essere considerato come uno degli atti concreti del
disegno riformatore del mercato del lavoro, del diritto del lavoro e delle
relazioni industriali studiato e progettato da Marco Biagi? Lei che sta
portando avanti questo lavoro, al quale ha partecipato dal principio quale suo
allievo prediletto, cosa ritiene che potrebbe pensarne oggi il Prof. Biagi?
A marzo di quest'anno, nell'ottavo anniversario della sua
uccisione, Il Sole 24 Ore ha
ripubblicato un articolo del Professor Biagi dall'emblematico titolo
“L'arbitrato europeo che sognava Marco Biagi”. L'arbitrato era parte integrante
del progetto di riforma e dell'iniziale disegno di legge da cui è poi scaturita
la legge Biagi. L'approvazione di questa legge è un modo concreto – anche se
minimo – per dare almeno un significato al sacrificio del Professore.
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