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Più contratto, meno legge. E’ la principale novità sottoscritta, mercoledì 21 novembre, tra parti sociali e governo a eccezione della Cgil per il rilancio dell’azienda Italia.
di Daniele Cirioli
Nell’accordo con le «linee programmatiche per la crescita della produttività e competitività in Italia» c’è condivisione sulla necessità che la contrattazione collettiva venga esercitata «in piena autonomia» sulle materie che, direttamente o indirettamente, incidono sulla produttività e che oggi sono regolate in maniera prevalente o in via esclusiva dalla legge. Più contratto e meno norme, nello specifico, su: equivalenza delle mansioni, orario di lavoro e uso di nuove tecnologie. Accanto a questo, le parti chiedono al governo l’impegno su una «riforma strutturale del sistema fiscale» orientata a gravare meno su lavoro e imprese nonché la conferma di detassazione e decontribuzione. Entro fine anno 2012, infine, ci sarà l’avvio all’attuazione della rappresentanza sindacale (Accordo 28 giugno 2011).
Detassazione e decontribuzione. Prima di tutto l’accordo chiede a governo e parlamento di rendere stabili e certe le misure previste per applicare, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui, la detassazione del salario di produttività con un’imposta sostitutiva dell’Irpef del 10%. E chiede pure che venga data compiuta applicazione allo sgravio contributivo per incentivare la stessa contrattazione collettiva di secondo livello, fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita dal lavoratore.
Riforma fiscale. L’accordo, inoltre, ritiene che la bassa crescita della produttività comporti un aumento del costo del lavoro e, quindi, una perdita di competitività. Perdita immediatamente riscontrabile nell’alto deficit con l’estero e nello spostamento dell’occupazione verso altri paesi. In questo quadro, le parti sociali chiedono al governo di tracciare «le linee guida per attuare una riforma strutturale del sistema fiscale che lo renda più equo e, quindi, in grado di ridurre la quota del prelievo che oggi grava su lavoro e imprese in maniera del tutto sproporzionata e tale da disincentivare investimenti e occupazione».
Sulla rappresentanza. Entro fine anno, ancora, verrà disciplina la «rappresentanza sindacale» con un regolamento che darà avvio alla misurazione della rappresentanza in base ai principi dell’accordo 28 giugno 2011. Non si escludono meccanismi sanzionatori in capo alle organizzazioni inadempienti.
Più contratto, meno legge. Sull’assunto condiviso della necessità che la contrattazione collettiva venga esercitata con «piena autonomia» su materie oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge che, direttamente o indirettamente, incidono sul tema della produttività del lavoro, l’accordo vede infine l’impegno delle parti sociali ad affrontare in sede di contrattazione collettiva le questioni ritenute più urgenti quali in via esemplificativa:
- tematiche relative a equivalenza delle mansioni e integrazione delle competenze, presupposto necessario per consentire l’introduzione di modelli organizzativi più adatti a cogliere e promuovere l’innovazione tecnologica e la professionalità utili alla crescita della produttività e della competitività aziendale;
- ridefinizione dei sistemi di orari e loro distribuzione anche con modelli flessibili, in rapporto agli investimenti, all’innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati finalizzati al pieno utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti;
- modalità attraverso cui rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l’attivazione di strumenti informatici ordinari, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative.
Le risorse. Infine, si ricorda che la firma all’accordo svincola le risorse previste dalla legge di Stabilità pari, complessivamente, a 2 miliardi 150 milioni di euro per il biennio 2013/2014.
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