13
dicembre 2010
Milano: prove di Big Society in città. Quando in TV?
di Giuseppe Sabella e
Luigi Degan
Verso un nuovo Welfare: la rivoluzione copernicana dei
servizi alla persona
Presente al Convegno di Milano anche Philip Blond,
direttore del think tank ResPublica
Si è tenuto oggi all’Università Cattolica di Milano il
Convegno “I servizi alla persona nella città che cambia. Prove di Big Society”.
Si è parlato del dibattito scatenato dal Premier Inglese David Cameron, da
quando con il suo discorso di Liverpool (il 19 luglio scorso) ha lanciato una
sfida ambiziosa: che lo Stato si faccia da parte, e il Big Government lasci
spazio alla cosiddetta Big Society, promettendo l’istituzione della nuova Big
Society Bank per mettere a disposizione delle comunità locali dei fondi per
svariati servizi, come la gestione della raccolta dei rifiuti, il trasporto
pubblico, la conservazione dei parchi, l’accesso alla banda larga, etc.
Cameron ha dato il via ad una rivoluzione del paradigma
classico del Welfare Europeo, introducendo importanti segni di cambiamento nel
rapporto pubblico-privato, indicando una società che si costituisce dal basso,
in cui c’è un coinvolgimento sempre più attivo della comunità del privato
nell’organizzazione e nell’erogazione dei servizi sociali.
Il tema è esploso a livello internazionale, ne hanno parlato
il New York Times, il Financial Times, in Italia il Ministro
Sacconi – che nel 2004 ha pubblicato La
società attiva, ovvero un libro manifesto che propone un nuovo modello di
Welfare basato sul primato della Società Civile sullo Stato – affronta la
questione in una lunga e significativa intervista al Corriere della Sera (30
agosto 2010).
Il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio
Vittadini, che ha introdotto e concluso i lavori del convegno, in una recente
intervista ha affermato che il termine Big Society “traccia la cornice di un
nuovo quadro culturale che indica una società che si costituisce dal basso, in
cui vi sia un coinvolgimento sempre più attivo della comunità del privato
nell’organizzazione e nell’erogazione dei servizi sociali”. In questa
prospettiva l’Italia sa già dove guardare; un esempio virtuoso è rappresentato
dalla Lombardia che, riformando la propria legislazione, ha permesso ai propri
cittadini di scegliere tra diversi soggetti che erogano servizi di welfare
quelli che meglio corrispondono ai propri bisogni.
Lorenzo Ornaghi, rettore dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore, ha parlato anch’egli della rivoluzione culturale oltre che politica dei
servizi alla persona e del rapporto pubblico/privato: “Ciò che il singolo
cittadino fa può essere orientato al perseguimento del bene comune. Il Welfare
del futuro non è il welfare che abbiamo conosciuto: la capacità di governare il
sistema per lo Stato non è più centrica, ma il Welfare dovrà essere costituito
dalla societa civile, dalla forza dei raggruppamenti sociali e dei corpi
intermedi. Nella città che cambia, dobbiamo collocare il Welfare in questi
cambiamenti. La città si amplia e mostra il volto di una vera e propria
comunità politica, rispetto a una politica che in questo senso non c’è più. Se
il distacco crescente tra politica e società crescesse, il rischio di
decomposizione del paese sarebbe reale”.
L’occasione di questo Convegno è stata quella di vedere come
Milano sta facendo prove di Big Society, anche perché – come ha spiegato il
sociologo ed economista Mauro Magatti – “Milano ha una qualità di tessuto
urbano unica al mondo; è una grande metropoli con al suo interno piccole
comunità che hanno storia e patrimonio urbano”.
Prova
di Big Society è il nuovo Piano di governo del territorio (PGT) che Carlo
Masseroli, Assessore allo Sviluppo del territorio del Comune di Milano, ha
illustrato ai presenti. A parte l’aspetto edilizio, è molto in linea con
la filosofia della Big Society: vi sono importanti elementi di privato sociale
e un diverso equilibrio privato/servizi alla persona.
Milano ha scritto l’ultimo PGT 30 anni fa: la città è
cambiata, le regole e la logica sono lontane. Si è deciso di fermare il consumo
del suolo. Milano è una città piccola, dove c’erano parchi si sono costruite
case. Il vecchio piano aveva previsto l’espansione della città. “Per scrivere
il piano ho incontrato gente, associazioni – ha affermato Masseroli. Ho
scoperto cose nuove cariche di vitalità, nuove risposte alle esigenze che la
città esprime. Si tratta di un piano innovativo e ambizioso. Oggi la città non
si deve più espandere, deve difendersi e crescere compatta. Deve crescere
insieme alle sue infrastruture, difendendo quello che c’è. I servizi devono
crescere, ma non bastano i numeri a far vivere la città: la città è fatta di
persone e non solo di case. Secondo il vecchio PGT Milano avrebbe dovuto
raggiungere 2.2 milioni di abitanti, allora ne aveva 1.7. Oggi ne ha 1.2, ma
non è il numero di abitanti il criterio. Questo PGT è una piattaforma
flessibile per dare spazio a chi vuole costruire ed edificare per la società:
quindi non è solo un piano urbanistico, ma un nuovo impianto di welfare non più
centralistico, cosa che indebolisce la responsabilità e l’azione civica. Il
piano che abbiamo scritto vuole scatenare l’iniziativa della comunità”.
Masseroli spiega che, per arrivare a questo PGT, la città di
Milano è stata divisa in 88 quartieri: “Abbiamo scoperto cose straordinarie non
riconosciute dall’amministrazione, realtà che non hanno spazio per svolgere e
promuovere i loro servizi. Il bisogno deve essere espresso e non predefinito
rispetto ad un bisogno non riconosciuto. È ciò che è accaduto finora. I servizi
non sono solo le scuole, gli asili e i campi sportivi, ma anche quei tentativi
per dare risposte ed indirizzi nuovi alla città, come i negozi di vicinato che
danno vita ad un quartiere. I nuovi servizi, in funzione di chi li fa
conoscendo un bisogno, vanno sostenuti e non inventati”.
Prima dell’intervento finale del Ministro Sacconi, ha
parlato Philip Blond, direttore del think tank inglese ResPublica che ha definito la Big Society come “un nuovo modo per
vedere l’universale. La nostra esperienza ci dice che non è solo esperienza di
noi stessi, ma lo è anche della famiglia e della comunità. L’ultima cosa che
vuole la Big Society è quella di chiudersi all’universalità. Ma universalità
non è collettivismo, opposto ad individualismo. Anzi, tra questi due estremi
non c’è nessuna differenza: in qualsiasi paese ex sovietico, vediamo il
retaggio che ha lasciato il comunismo: l’individualismo estremo, nessuno si
cura più di nulla”.
Maurizio Sacconi con un video messaggio ha ringraziato il
Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, per il suo
impegno a sostegno della cultura sussidiaria, oggi sempre più protagonista a
livello di riforme. Ha ricordato l’impegno al federalismo del governo, che
facendosi federale si fa più prossimo”, oltre al caso di Pomigliano d’Arco, in
cui a livello di relazioni industriali lo Stato ha fatto un paso indietro,
permettendo una trattativa più diretta tra le parti.
In conclusione dei lavori, Vittadini ha soprattutto
sottolineato quanto il nuovo PGT di Milano introduca una possibilità di cambiamento
di carattere quotidiano, che è il cambiamento del paradigma moderno
stato/privato e che è assente da qualsiasi dibattito televisivo, in cui ormai
si racconta soltanto un mondo che non c’è più.
Nessun commento:
Posta un commento