martedì 20 novembre 2012

Tra Spagna e America Latina si invertono i ruoli - rivista italiana di geopolitica - Limes

Tra Spagna e America Latina si invertono i ruoli - rivista italiana di geopolitica - Limes


Il 16 e 17 novembre si è svolto a Cadice il XXII Vertice Ibero-Americano, 

Con l’economia in recessione (pil a -1,5%), la disoccupazione al 25%, un’ondata di suicidi che ha costretto il governo a varare una moratoria sugli sfratti, e con icone del boom spagnolo come il quotidiano El País e la compagnia aerea Iberia che effettuano massicci licenziamenti, mentre in regioni come Catalogna e Paesi Baschi i venti secessionisti si fanno sempre più minacciosi, la scelta di far coincidere il Congresso con la celebrazione del bicentenario di quella Costituzione da cui prende inizio la storia della democrazia spagnola appare ambiziosa, ma anche azzardata. 

Dal momento che fu proprio l’invasione napoleonica nelle ex colonie americane ad aver causato quelle guerre d’indipendenza di cui si stanno celebrando i bicentenari, la partecipazione dei latino-americani al festeggiamenti della madrepatria avrebbe ratificato la definitiva riappacificazione, nonchè un importante appoggio nel momento in cui la Spagna si trova in difficoltà e l’America Latina decolla. Al contempo, un ulteriore fallimento avrebbe significato, se non proprio la fine definitiva, per lo meno la condanna all’irrilevanza di quel forum che nel 1991 era stato creato per capitalizzare il successo economico e politico della transizione spagnola, oltre al ritrovato prestigio della madrepatria presso le sue ex colonie. Per i latinoamericani, in particolare, il Vertice era un indice dell’interesse con cui le loro transizioni guardavano all’esempio spagnolo. Per il paese iberico era uno strumento per esaltare il proprio ruolo di ponte tra Europa e Americhe.

Lo stesso re Juan Carlos ha chiamato tutti i capi di Stato latinoamericani per convincere le rispettive delegazioni a partecipare. Non è andata bene, ma tutto sommato poteva anche andare peggio. Nel 2011 i capi di Stato assenti erano stati undici; stavolta si sono ridotti a sette. Assenti, sia a Asunción che a Cadice, il cubano Raúl Castro, il venezuelano Hugo Chávez, il nicaraguense Daniel Ortega, l’argentina Cristina Fernández de Kirchner e l’uruguayano Pepe Mujica. In compenso sono venuti in Spagna, dopo l'assenza in Paraguay, la brasiliana Dilma Rousseff, il colombiano Juan Manuel Santos, la costaricana Laura Chinchilla, il salvadoregno Mauricio Funes e l’honduregno Pepe Lobo, oltre al nuovo presidente dominicano Danilo Medina. Non ha partecipato il guatemalteco Otto Pérez Molina, a causa del recente terremoto; mancava inoltre il paraguayano Federico Franco, convinto da Madrid a non prendere parte alle celebrazioni per evitare boicottaggi da parte dei molti governi latino-americani che non hanno riconosciuto la validità della destituzione di Lugo . 

Così, il Paraguay è stato l’unico paese a non mandare nessun rappresentante: d’altronde le nuove elezioni sono vicine, così come l’aspettativa generale che il presidente che si insedierà nell'agosto 2013 sanerà il vulnus costituzionale. Tuttavia, il fatto che a imporre il veto sia stata in particolare quella stessa Cristina Kirchner che già aveva inferto alla Spagna lo schiaffo della rinazionalizzazione dell’Ypf rappresenta per Rajoy una forte umiliazione. Specie se si considera che il governo spagnolo ha saputo dell'assenza del Capo di Stato argentino dai giornali, visto che solo in un secondo momento la Kirchner si è giustificata con una chiamata telefonica. Motivazione ufficiale dell’assenza? Questioni di salute. Così come per Mujica e per Chávez.

Del presidente del Venezuela si deve peraltro osservare che, dopo la rielezione, è di nuovo sparito dalla circolazione: quasi a confermare le indiscrezioni che si fosse imbottito di medicine per sostenere la campagna elettorale. È vero che Chávez, dopoil famoso scontro del Vertice 2007 con re Juan Carlos (“ma perché non stai zitto?”), non ama più questo appuntamento. Ortega ha detto che aveva da fare, ma si sospetta che sia piuttosto irritato per un premio conferito a Ernesto Cardenal, poeta e teologo della liberazione che, dopo essere stato suo ministro, è ora uno dei suoi più feroci critici. Quanto a Raúl Castro, sembra che a questi eventi non partecipi per principio. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha però parlato del processo di pace con le Farc, che proprio a Cuba sta andando avanti

L’ecuadoriano Rafael Correa ha approfittato dal viaggio per passare da Milano, dove ha incontrato il sindaco Pisapia e gli emigranti ecuadoriani, in un evento organizzato all’Università Bicocca nel corso del quale ha difeso il successo del suo modello economico. Lo stesso ha fatto in varie città spagnole, distinguendosi al vertice per la sua effervescenza, confermando che con la gestione del caso Assangeambisce effettivamente ad assumere, nell’area dei governi latino-americani più radicali, l’eredità di quella leadership che l’acciaccato Chávez ormai non può più sostenere. Anche il boliviano Evo Morales ha colto l’occasione offerta da questa tribuna per rinnovare la richiesta irredentista di uno sbocco sul mare che vorrebbe vedersi restituire dal Cile e, allo stesso tempo, per difendere la sua politica sulla coca

Insomma, non tutti i leader radicali disprezzano l’occasione di scambi e pubblicità che i Vertici ibero-americani offrono. Alll'evento di Cadice hanno anche partecipato i presidenti di Messico, Cile, Colombia e Perù, approfittandone per realizzare il quinto vertice dell’Alleanza del Pacifico. Il gruppo ha deciso di approfondire l’integrazione, convenendo al contempo di promuovere Costa Rica e Panama da osservatori a membri pieni; sono stati ammessi come nuovi osservatori Australia, Canada, Nuova Zelanda, Uruguay e la stessa Spagna. Haiti è stata invece ammessa come osservatore del Vertice ibero-americano.


[Carta di Laura Canali]

Il dato piuttosto imbarazzante sia per la Spagna che per il Portogallo è che ormai questo vertice non rappresenta più tanto un’occasione per offrire aiuto ai paesi latinoamericani, bensì per chiederlo. Clamorose, in particolare, le interviste con cui Jesús Gracia, sottosegretario alla Cooperazione e per l’Iberoamerica nel governo Rajoy, ha chiesto di “rendere più facile l’emigrazione dei giovani spagnoli nell’Iberoamerica”. “Di fronte alla crisi spagnola, molti ibero-americani stanno tornando ai loro paesi, con alcune capacità che prima non avevano, accompagnati da giovani spagnoli con buona formazione che cercano un'opportunità di impiego. Non va visto come un dato negativo. Si stanno sviluppando nuove forme di emigrazione per rendere più facile l'inserimento lavorativo. C’è un deficit di tecnici specializzati in paesi come Colombia, Perù o Brasile dove possono essere i benvenuti”. 

Nel 2012, circa 50 mila spagnoli sono emigrati: 9 mila sono andati in America Latina, il cui pil a livello regionale dovrebbe crescere del 3,2% nel 2012 e del 4% nel 2013; nel 2006 solo 3600 spagnoli erano emigrati qui. L’impressione è che stia per scatenarsi un’ondata.

Rajoy ha chiesto “regole del gioco chiare” per le imprese spagnole che investono in America Latina, al fine di evitare nuovi casi Ypf. A tutt'oggi, le imprese spagnole quotate in Borsa hanno fatturato in America Latina 115 miliardi di euro, pari a un quarto della propria cifra di affari. Il premier spagnolo ha inoltre esortato lemultilatinas - le nuove multinazionali latino-americane, che quasi in contemporanea si riunivano in un forum a Bogotá - a investire in Spagna. “Se nel passato l’America Latina è stata un’opportunità per l’Europa, adesso l’Europa è un’opportunità per l’America Latina”.Dulcis in fundo, la Spagna sta chiedendo di essere ammessa all’Unasur.

Stiamo assistendo a un capovolgimento di prospettive di dimensioni epocali. Il prossimo appuntamento sarà a Panama, il 18 e 19 ottobre 2013, nel 500esimo anniversario dalla scoperta del Pacifico proprio da parte dei Conquistadores arrivati nel territorio dell’Istmo.

(20/11/2012)



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